La fortezza di Alt Clut si stagliava su due cime rocciose che dominavano tutto il territorio circostante. Dal parapetto sulla cima più ampia, Riderch osservava l'ampia distesa d'acqua più in basso, dove il fiume Clut, da cui il regno prendeva il nome, scorreva aprendosi quasi come un lago verso la sua meta finale, il mare occidentale.
Mancava poco al tramonto quando si ridestò dai suoi pensieri: non poteva più tergiversare, era giunto il momento di muoversi. Si avviò verso il corpo centrale della fortezza, rispondendo con un cenno del capo al saluto di una guardia che era di turno sul parapetto. Poi accelerò il passo.
Attraversò un gruppo di case, abitate per la gran parte da suoi parenti. A quell'ora del giorno, pochissimi uomini erano già rientrati a casa, mentre le donne erano indaffarate a preparare il cibo della sera. Soltanto i bambini scorrazzavano in giro. Ma Riderch sapeva che colui che stava cercando era là.
Quando raggiunse la sala reale, le guardie lo riconobbero e, dopo averlo perquisito in fretta, lo lasciarono entrare. All'interno era proibito ogni tipo di arma, tranne quelle delle due guardie all'entrata. L'ampia sala era rischiarata da un piccolo fuoco al centro. Solo una persona era presente lì dentro: un anziano calvo, che indossava un pesante mantello di pelo. Sedeva dietro una tavola e stava imprimendo un sigillo su una tavoletta, sotto la luce di una torcia.
“Buonasera, padre”, disse Riderch. L’anziano
alzò gli occhi, aggrottando le sopracciglia: “Guarda chi si vede”, rispose distrattamente, poi riabbassò gli occhi sul suo lavoro, tossendo forte.
Erano soli, tranne le due guardie all'entrata. Riderch aveva l'occasione di essere franco. “Vorrei parlarti”, disse.
“Parlare? E di che?”, fece suo padre, sempre occupato con le tavolette che aveva di fronte.
“Beh, è da parecchio che non ci
vediamo, pensavo...”. Ma Riderch non riuscì a terminare la frase. Aveva sperato che fosse suo padre a iniziare la conversazione.
Passarono interminabili istanti di silenzio, poi l'anziano terminò di apporre un ultimo sigillo, tossì nuovamente e, finalmente, alzò gli occhi, occhi di un azzurro penetrante. “Parliamo, allora. Dimmi chi era Coil
Hen”, disse, il suo volto illuminato dalla luce della torcia.
“Come?”, fece Riderch. Doveva aver udito male: tutto si sarebbe aspettato, tranne una tale domanda. “Era... quello che prese il potere sulla Brittania del nord quando le legioni romane se ne andarono... o almeno così ci hanno tramandato. Intendi lui? Molto, ma molto tempo fa... Mi spiace di non saperne molto di più, ma se vuoi posso portarti notizie più recenti che riguardano Coil Cenet. A Peartoc dicono che è stato cornificato dalla moglie e che lui per tutta risposta...”.
Ma Riderch si fermò lì. Si era aspettato una
minima reazione da parte di suo padre, ma l’anziano continuava a fissarlo col
suo sguardo fulminante, e le sopracciglia ancora più aggrottate. Con tono di
rimprovero rispose: “Brittania è il termine usato dai Romani. Qui da noi
chiamiamo Albion la nostra terra. Mi sorprende che tu non abbia imparato
nemmeno questo. E cosa successe ad Albion dopo la morte di Coil Hen?”.
Riderch sospirò profondamente. Non aveva idea di quale gioco stessero giocando, ma non aveva altra scelta che rispondere:
“Albion, certo. Dopo la morte di Coil Hen venne divisa in piccoli regni
spartiti tra i suoi discendenti e i suoi generali. È questo che ci hanno
insegnato, giusto?”.
“E oggi, quanti sono questi regni?”, ribatté suo padre, dopo aver tossito ancora.
“Ora non ricordo di preciso! Padre, perché non
arriviamo al punto?”.
“Sette sono i principali, Rheged, Ebrauc,
Bryneich, Elmet, Gododdin, Dunoting, Deifr, senza contare i territori insignificanti di qualche capotribù che si fa chiamare re a sproposito...”.
“D’accordo, ma...”.
“E poi c’è Alt Clut...”. Un colpo improvviso di tosse interruppe a metà la frase dell'anziano. Riderch approfittò della pausa per afferrare uno sgabello e si mise a sedere. Ne aveva abbastanza di rimanere lì in piedi come un imbecille. Nel frattempo suo padre si era ripreso, e continuò:
Riderch non nascose un enorme sbadiglio, ma suo
padre non desisté: “E ora, Riderch, sai che cosa sta succedendo?”.
“Che cosa sta succedendo?”. Era già stanco di quella conversazione.
“Che mentre la nostra stessa famiglia è a rischio, tu lasci tua moglie e i tuoi figli qui per passare il tuo tempo a bere in compagnia di prostitute...”.
Allora anche Riderch alzò la voce: “Ora basta
padre, sono stanco che tutti mi parlino così!”.
“Non interrompermi!”, tuonò l'anziano, e questa volta la sua voce non consentiva repliche: era la voce di re Tutgual Tutclyd di Alt Clut. “Oggi ho ricevuto un'altra informativa da Din Eitin: mio cugino, re Clitno, scrive che gli Engle, o come cavolo si chiamano, stanno occupando nuove terre lungo la costa di Bryneich. Ritiene che presto una guerra sarà inevitabile”.
“Una guerra per riprendersi una fortezza insignificante come Din Guaire? A proposito, come ha fatto quel Morcant Bulc a perderne il controllo? E pensare che mio fratello ha il suo stesso nome, mi spiace per lui, ah ah!”, ribatté Riderch sarcastico.
Un altro accesso improvviso e violento di tosse colse re Tutgual. Riderch lo guardava pronto a intervenire, ma non sorpreso. Succedeva sempre più spesso che suo padre venisse colto da tosse violenta, e talvolta sputava sangue. Era un malanno che aveva attaccato i polmoni, diceva il medico di corte, che aveva somministrato pozioni risultate finora inutili.
Però, anche considerando la malattia, Riderch
non capiva perché suo padre si sfogasse su queste cose con lui. Il primogenito,
destinato a succedere al padre Tutgual, era suo fratello Morcant. Era sempre
stato Morcant a essere investito degli incarichi più importanti, in
preparazione alla successione al potere.
Riderch cominciava a provare una senso di disagio. Era venuto a parlare con suo padre per un motivo ben preciso, e le cose non stavano andando per il verso giusto, proprio per niente.
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